Santa Caterina visse ad Alessandria d’Egitto tra la fine del III sec. ed i primi anni di quello successivo e subì il martirio nell’anno 308, durante la persecuzione ordinata da Massimo Daia, all’epoca cesare per le province orientali prima di essere eletto imperatore.
Nella “passione”, giunta fino a noi, si racconta che la giovane Caterina si rifiutò di offrire l’incenso agli idoli e che Massimino, per salvarla, cercò di farla apostatare dalla fede cristiana sottoponendola ad un serrato dibattito con i sapienti della città. Caterina non solo resistette ma mise in burla i dottori. Fu a quel punto che Massimino finì per innamorarsi della giovane non solo per la sua bellezza ma anche per l’eloquenza che aveva dimostrato e la chiese in sposa. Caterina rifiutò energicamente, ribadendo di essere già promessa a Cristo, unico e vero amore della sua vita.
Il perfido persecutore si infuriò e la sottopose a terribili tormenti, fra i quali la ruota uncinata che, miracolosamente, anzichè dilaniare le carni verginali di Caterina, si frantumò in più pezzi. L’ultimo atto della passione fu la decapitazione che la vergine subì con serenità e con la certezza che sarebbe andata incontro al suo sposo, Gesù. Secondo la leggenda, il suo corpo fu portato dagli angeli sul monte Sinai, dove Dio aveva dato a Mosè le tavole della Legge.
Nel Medioevo la devozione verso la martire di Alessandria si diffuse in tutta l’Europa e l’Università di Parigi la proclamò sua celeste patrona.
E’ tradizione che nella nostra città, intorno al 1300, fu eretta in onore di Caterina una prima chiesa nel terziere di Scanzano, dove fu anche fondata una associazione di laici col nome della Santa. Già dal 1385, i congregati costruirono, nei pressi del porto, una cripta per la deposizione dei resti mortali. Due secoli dopo, su quella cripta fu eretta l’attuale chiesa e il Sodalizio, alle finalità religiose, aggiunse il perseguimento di scopi altamente sociali con la fondazione del Monte di Pietà, regolato dagli stessi statuti della omonima istituzione di Napoli.

Fotografia della statua di S.Caterina (1908)
La nuova chiesa fu sede dei parlamenti cittadini e la confraternita, da allora intitolata a Santa maria della Pietà e Santa Caterina, fu generosa nella distribuzione di elemosine, nell’accettazione di pegni e nel pagamento del riscato per liberare i giovani stabiesi rapiti durante le incursioni saracene. I confrati erano anche impegnati nell’assistenza dei condannati a morte che venivano giustiziati nella piazza Mercato, attigua alla sede del sodalizio, ed in molteplici opere di carità cristiana come il sollievo degli ammalati ed il suffragio ai defunti. Nel 1842 la congreca fu elevata al titolo di arciconfraternita con Breve Pontificio di papa Gregorio XVI.
Dopo aver superato numerose vicissitudini nel corso dei secoli, l’Arciconfraternita di Santa maria della pietà e Santa Caterina Vergine e Martire recentemente si è dotata di uno statuto adeguato alle prescrizioni del nuovo codice di Diritto canonico ed oggi, più che mai, è impegnata nella crescita spirituale dei suoi membri ed in opere di solidarietà sociale e testimonianza cristiana sull’esempio e sotto la celeste protezione della Vergine Addolorata e di Santa Caterina, di cui si celebra quest’anno il XVII anniversario del martirio.
Francesco Fiorinelli